Cronache di una bottom stanca – Fieramente passiva, oggi e sempre

Anche Giugno è giunto al termine.
Si tratta del mese del Pride. Se vi è capitato di vedere in giro più persone LGBTQIA+ del solito, primo – sappiate che non sono mai troppo visibili; secondo – è tutto ok, non è un trend social: è vita vera.
Tra i mesi estivi Giugno è quello che preferisco. Esplode l’estate, posso tornare a indossare crop top dalla dubbia mascolinità e, come vi dicevo prima, è il mese in cui posso festeggiare con orgoglio (con) la mia comunità.

In Puglia l’onda arcobaleno arriva con calma rispetto al resto dell’Italia, e in Salento le manifestazioni per il Pride si tengono esattamente oggi.
A proposito di orgoglio, qualche giorno fa mi ha colpito un tweet di Vittorio Feltri, consigliere regionale della Lombardia, che cito testualmente:

I froci devono fare quello che vogliono ma sappiano che il culo  è un’uscita e non un’entrata

In questa giornata voglio scrivere un post da fiera passiva. Non sono qua per spiegare quanto sia bello riappropriarsi di termini dispregiativi, nonostante l’unica cosa di cui io mi sia voluta riappropriare è il mio ano: il mio è un culo politico.
Dietro la parola passiva si nascondono discriminazione, misoginia e omofobia interiorizzate. Se avessi avuto un euro per tutte le volte che mi hanno chiamato passiva per offendermi, ora sarei sfondata e ricca.
Pronunciata con una certa intonazione e in alcuni contesti, il termine passivə è  in grado di ferire anche la bottom più guerriera forgiata dal fuoco di mille orge.

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Allec Gomes via Unsplash

Io amo essere passiva perché esserlo per me è potente. Non solo modella il modo in cui mi vedono le altre persone, ma è anche il modo in cui io vedo me stessa: passiva, sfranta, frocia e cagna e lo rivendico con orgoglio. Provo immensa fierezza nei dirvi «non mi dispiace, non me me ne pento, ho dato la mia vita al sesso anale»! Mi piace prenderlo da dietro, godo nel trastullarmi l’ano e nel farmelo trastullare, amo sessualizzare il mio corpo, il mio culo e adoro il suono delle mance quando lo mostro in cam, anche se non aspiro a essere una sex worker, mi vedo più come una passiva da tastiera.
Amo indossare intimo di pizzo, prendermi pomeriggi interi a scattare foto zozze da inviare a daddy arrapati oltreoceano, fotografarmi le chiappe e coccolarle con le dovute attenzioni. Mi piace farmi tirare i capelli a 90 e mi eccitano dannatamente i porno gay raw & bareback.

Quando mi chiedono se non mi vergogno a fare tutto questo e a essere così visibilmente passiva la mia riposta è «NO»! Questa mia volontà e capacità di essere così visibile per me è privilegio e orgoglio, è una dimostrazione di quanto non mi vergogni a essere sfranta e a non avere nulla da nascondere.
Quello che alcune persone vedono come passività e sottomissione è una scelta consapevole, un piacere, un kink. Non sono succube, mi sento anzi potente in questi panni da gattina remissiva.

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William Fonteneau via Unsplash

Giugno (ormai Luglio) mi sembra proprio il mese giusto per rimarcare quanto essere pubblicamente e apertamente passiva sia per me motivo di orgoglio e di come io abbia raggiunto questo livello di fierezza politicamente, artisticamente, culturalmente e analmente attraverso la mia lotta personale.

Sì, sono sfranta, frocia e cagna e fiera di esserlo, il mio culo è un’entrata e non solo un uscita e devo farci quello che voglio a prescindere dall’essere frocio. Voglio e devo fare quello che voglio perché è mio sacrosanto diritto e, sì, anche prenderlo nel culo è una mia facoltà che reclamo con fierezza.

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