[Questa è la seconda parte dell’articolo pubblicato lo scorso 30 Aprile 2019, che potrete leggere qui.]
Il tema della censura frustra chi lo subisce e in molti casi limita anche il suo potere economico.
Consideriamo i/le sex workers (lavoratori e lavoratrici del sesso) e alcun* artist*. La prima categoria è stata fortemente messa in difficoltà con la legge statunitense FOSTA-SESTA (Fight Online Sex Trafficking Act e Stop Enabling Sex Traffickers Act) firmata da Trump nel marzo del 2018 per combattere il traffico sessuale. Questa legge scritta in modo ambiguo e vago rende responsabili dei contenuti pubblicati sul proprio sito i proprietari delle varie piattaforme, pertanto molti siti hanno deciso di eliminare il problema alla radice impedendo la condivisione di materiale e servizi a sfondo sessuale. Da Backpage.com (sito di annunci di vario tipo), Patreon, Reddit, Craiglist, Google, passando da Tumblr, che ha visto crollare il traffico del 30% da quando nel dicembre 2018 ha dato un giro di vite alle condizioni d’uso (fonte: DrCommodore.it), la stretta si è fatta soffocante per chiunque.
Suppongo che siamo d’accordo sull’importanza di riconoscere e neutralizzare chi sfrutta la prostituzione, il traffico di persone e la diffusione di materiale pornografico realizzato tramite coercizione o senza che le persone protagoniste ne fossero a conoscenza, pertanto si sarebbe potuto scrivere la legge in modo preciso e dettagliato, senza andare a colpire categorie di persone che con consapevolezza hanno deciso di esercitare una professione. Non è ipocrisia quella di considerare la prostituzione e la pornografia attività che esistono come conseguenza di una forzatura di un soggetto X su un soggetto Y?
È stata approvata una legge che nega l’autodeterminazione.
E, come è stato fatto notare, a essere ulteriormente discriminate saranno le persone marginalizzate per etnia, ceto sociale e sesso (persone non bianche, povere, transessuali). Persone che in completa autonomia hanno potuto scegliere cosa far vedere e vendere di sé, selezionare anticipatamente la clientela e stabilire un valore economico alle proprie prestazioni, si trovano nuovamente alla mercé di papponi e costrette a mettersi su strada con un rischio maggiore di subire violenza.
Per quanto riguarda invece chi di nudo, erotismo e/o pornografia ha fatto una forma d’arte, la situazione non è migliore, soprattutto per artist* poco conosciut* che vorrebbero far arrivare le proprie opere anche fuori dalle personali cerchie sociali e/o dall’area geografica di provenienza.
Molt* di loro usano i social per promuoversi e creare una rete tale da diffondere il proprio lavoro. Il passaparola è fondamentale a questo scopo ed è stato proprio il passaparola che ha permesso a molt* di farsi notare da gallerie d’arte, musei, aziende con cui collaborare e incrementare i guadagni e la visibilità. Per tornare al social più in voga negli ultimi anni, Instagram, tempio del visuale, quest* artist* si sono vist* censurare foto e illustrazioni e in molti casi anche chiudere il profilo perché considerati inappropriati, con la conseguente perdita di materiale e follower. Se è vero che le immagini sono salvate altrove, non vale per le didascalie e in generale la parte testuale, inoltre ricostruire la fan-base non è facile e immediato, richiede tempo, sforzo e impegno. Attualmente Instagram usa un metodo più subdolo dell’eliminazione delle immagini, il cosiddetto shadow ban, ossia l’oscuramento. I contenuti restano online, ma visibili solo se una persona va sul profilo su cui sono stati pubblicati. Non ci sono hashtag che tengano, non si viene indicizzat*. Questo va ad aggiungersi al fatto che le pubblicazioni di ciascun* utente vengono visualizzate solo dal 7% dei follower, a meno che non decida di sponsorizzare i propri contenuti, opzione che può essere utilizzata solo da chi ha un profilo aziendale.
Nel mio caso non potrei anche volendo: la parola porn contenuta nell’indirizzo del sito mi impedisce di riportare l’url nella mia biografia di Instagram, per cui ho dovuto aggirare il problema utilizzando Linktree e, quando uso direct (messaggistica privata di Instagram), mi viene impedito l’invio in quanto “il link è stato individuato come non sicuro […]”.
Chi vende sex toys e in generale materiale per adulti (tranne se le finalità sono contraccezione o pianificazione di gravidanza), non può creare inserzioni a pagamento su Facebook e Instagram, che ne vietano la sponsorizzazione e la vendita sulle loro piattaforme. Questo vale quindi anche per chi sponsorizza e vende fotografie, illustrazioni e video a carattere erotico e pornografico o dove siano visibili corpi nudi, a prescindere da eventuali atteggiamenti allusivi o esplicitamente sessuali. Se si tratta di libri, il problema è superato in quanto le aziende non ne impediscono la vendita.
Dal mio punto di vista la tutela della sensibilità e della sicurezza dell’utenza sono pretesti per agire un controllo reazionario sulle persone, per questo è necessario informarsi e rivendicare la propria libertà con proteste e proposte, perché la sola rivendicazione non basta se non si è proattiv*.